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Benvenuti !

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par Gianluca Banini,
Nombre de réponses : 9
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Re: Benvenuti !

par Gianluca Banini,

Carissimi, benvenuti su questa nuova piattaforma digitale !

Che ne dite se oltre a postare i vostri elaborati individualmente, li condividiamo anche quì, in maniera tale da poter arricchirci vicendevolmente !

Aspetto fiducioso !

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Re: Benvenuti !

par Gianluca Banini,

Ancora.... che ne dite se mettiamo anche una foto personale ? Così ci riconosciamo... Mi raccomando una foto del volto che se mi mettete un gatto o altri animali poi quando ci rivediamo alla formazione me li dovete portare altrimenti non vi riconosco !

Ciao !

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Re: Benvenuti !

par Martina Loth,

Buongiorno a tutti, 

ecco il mio elaborato...

Una società che accolga tutti è possibile anzi possibilissima a livello teorico, un po’ più difficile a livello pratico perché sono molte le “barriere” da abbattere tra cui barriere culturali, di razza, di religione, di usi e costumi e non tutti nella società sono disposti ad aprirsi al “diverso”.

La questione necessaria da capire, secondo me, è che le soluzioni trovate dallo Stato per i migranti non sono da considerare come privilegi concessi loro perché provenienti fa altri Paesi in condizioni di povertà e di guerra. Infatti, la maggior parte delle volte, vengono esclusi dalla società proprio perché sembra che vengano messi su una specie di piedistallo a causa delle loro provenienze e quindi vengono visti male perché considerati privilegiati quando, invece, devono essere considerati persone con diritti al pari di quelli concessi ai cittadini italiani soprattutto in uno Stato in cui tutti hanno o quantomeno dovrebbe avere gli stessi diritti.

Oltre agli immigrati la società ha problemi ad integrare anche gli zingari e gli omosessuali, per esempio.

A questo proposito mi è capitato di intervenire per difendere un mio amico omosessuale da alcuni commenti sgradevoli nei suoi confronti poiché dal suo modo di comportarsi e di porsi con le persone risulta palese il suo orientamento e, quindi, è facilmente attaccabile da persone razziste e menefreghiste dei sentimenti degli altri. Quando sono intervenuta mi sono sentita fiera ed orgogliosa di me perché non solo avevo fatto valere il mio pensiero ma avevo anche difeso una persona per me importante e che stava soffrendo per quelle parole utilizzate senza senso.

Però c’è anche da dire che, in alcuni casi, ci troviamo di fronte ad ingiustizie o soprusi e siamo un po’ trattenuti nel reagire perché non ci riguarda da vicino o perché pensiamo che non sia importante intervenire e dire la nostra come per esempio quando vediamo per strada qualche ragazzo/a che insulta una zingara per i suoi usi e costumi.

Da tutte queste riflessioni emerge che l’immigrazione e l’integrazione rappresentano una nota positiva per il Paese perché, in questo modo, si fondono insieme gli usi e costumi nostri con i loro e i nostri modi di pensare e di vedere le persone si aprono a nuove prospettive in modo che la generazione presente ma soprattutto quella che verrà non troverà più tanto strana la loro presenza o il loro modi di fare e le loro tradizioni poiché saranno già integrati nel tessuto sociale.

Emerge, però, la sensazione che “la barca sia troppo piccola” quindi per prima cosa, secondo me, bisognerebbe creare una rete di centri di prima accoglienza realmente funzionanti dove identificarli il prima possibile e dove cercare di rispondere al meglio ai loro bisogni, fare una ricerca su possibili familiari e permettere loro di andare via, qualora lo volessero, velocizzando le pratiche. Inoltre evitare che vengano sfruttati a basso costo ma cercare di inserirli nel contesto lavorativo affinché non finiscano nella malavita. Questo sarebbe una cosa positiva anche per gli italiani perché la nomina degli immigrati è quella di “rubare il lavoro” semplicemente perché svolgono lavori ad un costo nettamente inferiore e, inserendoli correttamente invece, potrebbero lavorare insieme senza che nessuno rubi il lavoro a nessuno.


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Re: Benvenuti !

par Trisha Decarolis,

Buongiorno a tutti,

 

ecco il mio elaborato…

 

L’emigrazione che porta masse innumerevoli e crescenti di persone ad abbandonare situazioni invivibili per effetto di conflitti, persecuzioni politiche, razziali e religiose, devastazioni ambientali, siccità, epidemie, crisi economiche, ecc., costituisce, prima ancora di ogni valutazione giuridica, una necessità oggettiva e incomprimibile, espressione di un legittimo desiderio di sopravvivenza delle persone coinvolte. Noi, nei loro panni, faremmo lo stesso, in assenza di alternative praticabili.

 

Ci troviamo di fronte ad uno Stato che vede la situazione dell’immigrante come una strada verso nuovi guadagni e con un alto tasso di indifferenza, perché il Governo è indifferente nel vedere che una persona scappa dal proprio paese in condizioni di guerra, persecuzioni e povertà che emigra per vivere la propria vita nel migliore dei modi. Uno Stato che decide di far entrare nella nazione gruppi di immigrati, deve dare loro la possibilità di avere non tutti o quantomeno una parte dei diritti che hanno i cittadini di quella nazione, poiché, anche se persone di appartenenza estera e diversi fisicamente e religiosamente, sono persone umane quanto noi che hanno bisogno di lavorare e guadagnare per poter vivere. L’argomento da risolvere è che lo Stato concede soluzioni di aiuto a queste persone come privilegi, e spesso vengono sempre più messi da parte poiché i benefici tratti sono migliori rispetto a quanto lo Stato li debba dare ad una persona appartenente alla stessa nazione, perciò chiamiamo questi privilegi, come dei diritti, che siano perlomeno equi sia a persone native di quel posto che a persone provenienti da altri paesi.

 

Personalmente riconosco persone del posto e non, tutti con una pari dignità, senza differenza di sesso, religione, colore della pelle, omosessuali e altre evidenze fisiche.

 

A questo proposito, mi viene in mente un episodio. Ho un grande amico d’infanzia che scappò dalla guerra e venne qui nel mio paese per trovare lavoro e far parte di una vita migliore. È un ragazzo che ha 19 anni ed è stato adottato in una famiglia benestante. Ma nonostante, appartenga a questa nazione, pur essendone di un’altra, un giorno fu preso in giro da un gruppo di ragazzi che lo insultarono per il suo colore della pelle e lo offesero dicendogli “vai via da questo paese, negro”.

 

Io presi le sue difese, mi sentii orgogliosa di me stessa nell’aver aiutato non solo una persona di una razza diversa, ma anche un ragazzo debole ed indifeso.

 

“Diverso” non deve diventare sinonimo di “inferiore” o “pericoloso”. Anzi, la diversità va sfruttata,conosciuta. Anche perché chi considera diverso è un uomo come noi, con desideri, aspirazioni, capacità da esprimere.

In un modo in cui la “globalizzazione” è considerata di vitale importanza, non ci si può poi chiudere a riccio nei confronti dell’esterno.

Chiudo con un pensiero di Zygmunt Bauman che dice “le porte possono anche essere sbarrate, ma il problema non si risolverà, per quanto massicci possano essere i lucchetti. Lucchetti e catenacci non possono certo domare o indebolire le forze che causano l’emigrazione; possono contribuire a occultare i problemi alla vista e alla mente, ma non a farli scomparire.  


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Re: Benvenuti !

par Sara Tessitore,

Salve a tutti anche io inserisco il mio elaborato.


Il tema della discriminazione razziale rimane ancora oggi molto delicato. C'è discriminazione quando si forma un pregiudizio su cose diverse da quelle che conosciamo, quando si ha paura del “diverso”. Il punto della questione è proprio questo, la non conoscenza (e spesso la mancanza di interesse) di individui di nazionalità, religione, cultura, orientamento sessuale diversi dai nostri. Personalmente sono contro ogni forma di razzismo, a me piace conoscere usi e costumi di altri popoli, assaggiare pietanze tipiche e visitare edifici più rappresentativi della loro cultura. Ritengo che in fondo siamo tutti uguali. A conferma di tale pensiero vorrei portare a conoscenza un progetto sviluppato qualche anno fa con altri colleghi volontari in ambito AVIS denominato IL SANGUE NON HA COLORE. Scopo di tale iniziativa era quello di invogliare la comunità indiana presente sul nostro territorio a effettuare donazioni di sangue dimostrando che anatomicamente siamo, appunto, esattamente uguali.

Il problema nasce quando a quello della discriminazione si affianca il tema, anch'esso molto delicato, dell'immigrazione. Anche in questo caso, personalmente, non ne sono contro, capisco la necessità ed il desiderio di molti di fuggire dal proprio Paese in cui c'è guerra e oppressione per provare ad avere una vita migliore; d'altronde è ciò che abbiamo fatto noi italiani nei secoli XIX e XX emigrando verso le Americhe. Però il fenomeno immigratorio a cui stiamo assistendo in questi ultimi anni è davvero di entità massiccia, è questo che secondo me preoccupa più di ogni altra cosa. Credo che ognuno di noi mettendosi nei panni di questi immigrati pensi “anche io avrei fatto lo stesso”, ma di contro, proprio per i continui sbarchi, si genera in noi un altro pensiero “sono in tanti, come faremo?...come possiamo aiutare loro se anche noi stiamo in difficoltà, se anche per noi non c'è lavoro né risorse sufficienti?”. Penso che tutti vorremmo andare incontro alle esigenze di persone meno fortunate di noi, ma la questione è che anche noi abbiamo le nostre difficoltà da affrontare e la paura è proprio quella di peggiorare la nostra situazione per aiutare loro. Ed è questa paura unita a quella del “diverso” che portano alla discriminazione dell'immigrato.

Ma stiamo ragionando bene in questo modo? Si è stimato che negli ultimi anni sono giunti sul nostro territorio circa 5.5 milioni di stranieri, che rappresentano l’8,3% della nostra popolazione totale. Generalmente gli immigrati tendono a svolgere lavori non qualificanti e meno remunerati, che l’italiano non svolge più già da tempo. Certo con la crisi molti italiani sono tornati a cercare questo tipo di lavoro e, quindi, l’aumento della disoccupazione italiana ha cominciato a sovrapporsi alla concorrenza del lavoro immigrato. Ma, secondo il segretario confederale della UIL Guglielmo Loy questo, nonostante sia un fenomeno che rispetto a 6/7 anni fa emerge con più forza, è ancora ampiamente sopportabile. Inoltre, sempre secondo Loy, e cito testualmente,: “ i benefici del lavoro immigrato sono statisticamente sintetizzabili nel 9% di PIL prodotto dai lavoratori stranieri, sia dipendenti che autonomi, e quindi sia come imprese che come cittadini consumatori.  È una cifra molto consistente. Siamo in linea con un fenomeno mondiale in cui i flussi migratori sono diventati parte integrante dei processi di  crescita delle economie. L’immigrazione non è una disgrazia, è una inevitabile leva con cui si fonda lo sviluppo di intere società capitalistiche come quelle europea e delle americhe. Gli immigrati sono parte integrante di un processo che ha allargato la sua capacità di produzione di ricchezza, in cui il lavoro immigrato ha contribuito in maniera rilevantissima”. Quindi, come vediamo, lo scenario non è così drammatico come si crede. Certo è che, la disinformazione genera pensieri e sentimenti errati, senza contare che un tale argomento può essere utilizzato come uno strumento di potere.

In ogni caso, come dobbiamo comportarci nei confronti degli immigrati?

Sicuramente bisogna garantire loro i diritti fondamentali dell’uomo, tali da permettergli di poter condurre una vita dignitosa. Risulta poi essere di fondamentale importanza l’istruzione, per fornire agli immigrati i giusti strumenti che gli permetteranno di portare progresso e sviluppo nel loro Paese di origine.

Queste sono le cose che, secondo il mio modesto parere, sia necessario mettere in pratica. Per quanto riguarda tutte le soluzioni elaborate finora, sono sicuramente importanti, ma, comunque, soltanto un modo per alleviare il problema. Purtroppo, fino a quando ci sarà un Paese povero e un Paese ricco, cosa che, secondo le leggi economiche, non può essere altrimenti, l’immagrazione ci sarà sempre!!


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Re: Benvenuti !

par Erica Filosa,

Buongiorno, 

ho postato anche qui il mio elaborato...

Negli ultimi anni il fenomeno dell’ immigrazione verso l’Italia e verso altri stati dell’Unione Europea è aumentato e continuerà ad aumentare. Insieme ad esso cresce anche l’intolleranza dei popoli ospitanti che, come si sente di solito in tv, nella maggior parte dei casi provoca un aumento della criminalità, come ad esempio furti e   rapine, ed è per questo che la popolazione si sente spaventata. Non bisognerebbe fare “di tutta l’erba un fascio” perché comunque la criminalità esisterebbe anche se gli immigrati non ci fossero.

Una società che accolga tutti è possibile in modo tale che essa diventi una società multiculturale, ossia una società che pur non perdendo la propria identità e le proprie tradizioni consideri normali le differenze culturali e religiose in modo che entrino in comunicazione e si conoscano reciprocamente. Proprio per le differenze culturali e di orientamento spesso la società non riesce ad integrare anche gli omosessuali,gli zingari o più in generale coloro che hanno un credo diverso. A tal proposito, un giorno mi sono trovata in una situazione difficile. Un gruppo di ragazze prendevano in giro una ragazza zingara per il suo modo di vestire e io sono intervenuta perché non trovavo giusti i commenti che le rivolgevano. Quando sono intervenuta mi sono sentita fiera perché, nonostante fossero un gruppo, ho avuto il coraggio  di affrontarle e poi perché ho difeso una persona che in quel momento stava soffrendo per le offese rivolte. Altre volte ,invece, ci troviamo di fronte ad ingiustizie e soprusi a cui non interveniamo perché non ci riguarda da vicino o perché pensiamo che non sia importante intervenire, come nella maggior parte dei casi.

Nonostante le ingiustizie e i soprusi che alcune volte queste persone devono subire, l’immigrazione e l’integrazione rappresentano una caratteristica positiva per il nostro paese.     

 

 

 

 

Secondo me per gestire la sensazione che “la barca è troppo piccola” si potrebbe mettere su una rete di centri per accogliere gli immigrati ed identificarli, e per quelli che vogliono rimanere in Italia, inserirli nel mondo del lavoro organizzando corsi di lingua italiana e di insegnamento pratico del lavoro. In questo modo si dovrebbe evitare lo sfruttamento in modo tale che potrebbero lavorare sia gli italiani che gli immigrati senza che lavori uno a discapito dell’altro.


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Cittadinanza Attiva

par Nicoletta Compagno,

Nel 21° secolo si torna a parlare di immigrazione, di accoglienza e accettazione. Di contro quello che si verifica è tutt'ora un rifiuto, palese o velato, del “diverso”, dell'“altro”. La popolazione italiana si è dimenticata di esser stata essa stessa un popolo di emigrati, perché condizioni avverse, come l'incapacità di provvedere al sostentamento di se stessi e della propria famiglia, da sempre spingono l'uomo a spostarsi. Così con una valigia in mano, piena di cultura, tradizioni, storia di ciascuno, diviene per il Paese ospitante un oggetto ingombrante che toglie spazio piuttosto che arricchire. Forse si può immaginare che ci voglia ancora del tempo, affinché ognuno di noi si spogli delle proprie convinzioni, ossia che l'essere nato in un posto piuttosto che un altro, o un certo colore della pelle, o anche una certa religione, ci conferisca il pieno diritto di allontanare chi non possiede tali caratteristiche.

Queste convinzioni ci portano alla dicotomia privilegio vs diritto. Ma si parla di privilegio o di diritto alla vita? Di privilegio o diritto di cittadinanza? Di privilegio o di diritto di Lavoro?

In un'era dominata dall'etnocentrismo si tende a parlare purtroppo di privilegi, cosa un gruppo è e può fare rispetto ad un altro, quindi dipenderebbe solo dal caso, o dalla fortuna, se nasciamo in un gruppo piuttosto che un altro. Ma lasciando tutto nelle mani del fato, non siamo più artefici delle nostre vite, non c'è libertà, siamo solo un gregge che segue il suo cane pastore.

Parliamo di integrazione, portando come esempi il bambino/ragazzo immigrato che siede al banco affianco dei nostri figli, ma poi si dice al bambino italiano di uscire con una Giulia, o con un Vincenzo, piuttosto che con un Mohamed o una Sirah, o altre volte, per i bambini, di invitare anche quel bambino indiano perché non “possiamo far vedere di discriminarlo”, e non per un genuino piacere. Questa emarginazione cresce con questi bambini, rendendoli disadattati, facendoli aggrappare a quello che l'italiano lascia: lavori umili, poco remunerati, nessuna assicurazione. L'italiano è ormai abituato a vederli nei campi, dome domestici, come assistenti alla cura delle persone anziane o dei bambini, ma tale abitudine sembra non accompagnata dalla consapevolezza dell'aiuto e del valore aggiunto per noi. E ci sta bene così, ma quando si tratta di scendere in campo e far valere i loro diritti, ci tiriamo indietro perché “non ci riguarda”. Forse basterebbe pensare che nel prossimo futuro l'Italia sarà costituita prevalentemente da immigrati. Quindi? Si estingueranno i cittadini italiani? Semplicemente si perderà tutta la nostra storia? O possiamo pensare di riscrivere il nostro pensiero e con esso la nostra storia?

Forse siamo davvero su un'Arca, come quella costruita da Mosè, e se su questa mettessimo solo cittadini italiani ci estingueremmo per il nostro ego. Potremmo invece far salire a bordo di questo viaggio chiamato esistenza anche altre culture, rendendole parte integrante. Solo così potremmo realmente continuare nel nostro cammino. Quali possano essere le possibili soluzioni per renderlo possibile, i Grandi già le posseggono, ma loro stessi oppongono resistenza. Basterebbe cambiare qualche legge? Non credo. Basterebbe aumentare corsi per sensibilizzare gli insegnanti già dalla materna? Di modo che siano loro promotrici dell'accettazione incondizionata dell'“altro”, così come nelle altre istituzioni? Non basta estirpare le erbacce in un bel prato fiorito, forse servirebbe non chiamarle “erbacce”, ma piante che a loro modo rendono bello quel prato. Quindi immagino che, come per ogni altra cosa, ci serva tempo, per permettere all'uomo di cambiare la sua visione di come debbano essere le cose, la semplice evoluzione ci porterà all'integrazione.


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Re: Benvenuti !

par Michele Migliaresi,

Buonasera ecco il mio elaborato

In questo momento l’Italia sta vivendo uno dei periodi più difficili degli ultimi decenni. Le problematiche della nazione sono innumerevoli e preoccupanti, basti pensare alla crisi economica che sta mettendo in ginocchio sia le famiglie, sia le imprese; la difficoltà di trovare un’occupazione stabile per se stessi e per i propri figli con la conseguente fuga di italiani in vari paesi esteri; la crescente sfiducia verso la classe politica (indifferente ai problemi reali dello Stato) e il numero crescente di migranti nel nostro paese. Anche a causa del terrorismo il migrante viene visto e considerato come una “minaccia” e di conseguenza, per paura, si tende ad avere atteggiamenti tendenti alla violenza e all'esclusione. Il fenomeno del razzismo ha origini antichissime e come vediamo nella poesia “Prima di tutto” di Bertolt Brecht può essere rivolto indistintamente a individui appartenenti a una diversa etnia (come gli zingari, da sempre creduti nomadi e ladri), o ad un diverso credo religioso  (gli ebrei ne sono l’emblema perché perseguitati da sempre, specialmente durante la seconda guerra mondiale) oppure politico-ideologico (come i comunisti) ed infine verso chi mostra un particolare orientamento sessuale (ad esempio gli omosessuali).                                                   L’odio e la violenza tuttavia non sono MAI giustificati e giustificabili, anche se dettati da vari fattori come la paura, l’incertezza, e “il fastidio”. Secondo il mio punto di vista l’Italia dovrebbe prendere coscienza del fatto che il nostro paese è diventato a tutti gli effetti multietnico e multiculturale: coloro che vi si stabiliscono e che continuano ad arrivare attraverso i flussi migratori portano con sé un vasto patrimonio a livello culturale, linguistico, di tradizioni gastronomiche, storico ecc. Bisognerebbe iniziare a considerare l’immigrato non come un peso o un pericolo, bensì come una risorsa e una ricchezza di cui far tesoro. A questo proposito non andrebbero incoraggiate iniziative rivolte ad escludere ed allontanare il migrante, ma piuttosto iniziative mirate all'integrazione, al dialogo e alla cooperazione. Ad esempio andrebbero favorite le proposte di legge indirizzate a concedere i diritti di cittadinanza, diritto al lavoro e alla residenza, all'asilo, diritti alla libera circolazione e protezione dalla detenzione ingiusta sia in carcere che in strutture apposite.

Infine i cittadini potrebbero dedicarsi ad attività di volontariato per aiutare tutti i migranti che si trovano in situazioni di difficoltà materiale ed emotiva (sia per la mancanza di mezzi, sia per l’allontanamento dalla patria) oppure presentare delle petizioni a favore dei diritti e partecipare a gruppi, associazioni, ONLUS che favoriscano il dialogo interculturale.

Per concludere vorrei condividere un’esperienza passata di “razzismo”. Un mio amico di nazionalità tunisina, che gioca a basket per la società sportiva Terracina 40.0, durante una partita fuori casa è stato preso di mira da alcuni tifosi, i quali denigravano il colore della sua pelle e la sua provenienza. Si sono rivolti a lui chiamandolo “negro” in modo palesemente offensivo, dentro di me è scattato qualcosa che mi ha spinto ad intervenire verbalmente (ma senza violenza fisica, né insulti) difendendo il mio amico da quelle parole orrende. Tuttavia lui non ha mostrato nessun risentimento verso coloro che lo hanno attaccato gratuitamente, il tutto in presenza di bambini che potrebbero un domani emulare questi comportamenti offensivi e vergognosi.


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Re: Benvenuti !

par Luana Marrocco,

Buonasera a tutti, 

ecco il mio elaborato.

Il razzismo è stato definito in diversi modi, ma l’aspetto più importante che caratterizza questo fenomeno consiste nella paura del diverso.

Può essere diverso chi ha una cultura differente, chi è povero, chi è malato, chi non lavora, quindi esistono tante tipologie di razzismo.

Si può pensare di costruire una cultura dell’accoglienza in ogni società a partire dal sistema educativo, in quanto esso veicola la crescita di ogni individuo attraverso la trasmissione di principi e valori etici e morali.

La scuola, prima ancora di insegnare le specifiche discipline, dovrebbe educare al rispetto di ogni essere umano ed anche alla valorizzazione di ogni diversità, in quanto ciò che è diverso costituisce una risorsa e mai un limite.

Per sviluppare una cultura solidale ed inclusiva bisogna intervenire fin dalla tenera età, insegnando il rispetto reciproco, la tolleranza, la cooperazione e la condivisione.

L’incontro con chi è diverso deve essere considerato come un’opportunità di crescita e di arricchimento interiore e culturale che è possibile attraverso uno scambio reciproco di vissuti, esperienze, emozioni e modi di vivere. Pertanto diventa di fondamentale importanza promuovere una società inclusiva attraverso continue iniziative ed attività che coinvolgano attivamente i cittadini, gli immigrati ed ogni persona umana a prescindere dalla sua provenienza geografica o dal colore della pelle, poiché ogni essere umano merita di essere rispettato nei suoi diritti e merita che sia tutelata la sua dignità.

Personalmente mi è capitato più volte, interagendo con le altre persone in diversi contesti, di prendere le difese dei numerosi immigrati che raggiungono la nostra patria e che spesso vengono criticati ed etichettati in modo negativo solo per il fatto di essere portatori di una cultura diversa da quella del nostro paese.

In una precisa occasione mi è capitato di assistere ad una scena di discriminazione e pregiudizio razziale esplicito da parte dei carabinieri nei confronti di due ragazzi provenienti dall’Egitto. Questo episodio si è verificato su un treno regionale Roma/Formia. In quella situazione l’atteggiamento aggressivo e prepotente dei carabinieri nei confronti dei due ragazzi stranieri mi ha spinto ad intervenire criticando il modo di fare offensivo delle guardie e prendendo le difese delle due vittime, le quali erano state aggredite verbalmente soltanto perché il loro documento d’identità non era perfettamente integro poiché in alcuni punti si era rovinato il materiale di cui è fatta la carta d’identità. 

E’ importante, quindi, combattere anche il pregiudizio e le varie forme di stereotipizzazione che riguardano ciò che è diverso e lontano dal nostro personale modo di vivere, per aprirci al confronto e allo scambio.